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Famiglia e persone
23 aprile 2025
La Corte costituzionale apre all’adozione internazionale di minori per le persone single
Con la recente sentenza n. 33 del 21 marzo 2025, la Corte Costituzionale ha aperto la possibilità di accedere all’adozione internazionale di un minore straniero residente all’estero ed in stato di abbandono anche alle persone singole residenti in Italia.
La Corte ha, infatti, ritenuto incostituzionale l’esclusione operata dall’art. 29 bis co. 1 della L. n. 184 del 1983 – norma dichiarata, pertanto, costituzionalmente illegittima - delle persone singole (per tali intendendosi le persone di stato libero, vale a dire non coniugate) dalla possibilità di presentare al Tribunale per i Minorenni competente la propria dichiarazione di disponibilità all’adozione di un minore straniero abbandonato.
La Corte ha ricordato i casi in cui il legislatore già riconosce l’idoneità della persona singola ad assicurare in astratto (salvo l’accertamento in concreto) un ambiente stabile e armonioso al minore, citando espressamente i casi previsti ai commi 4 e 5 dell’art . 25 della L. n. 184 del 1983, “riferiti a situazioni che sono tutt’altro che prive di criticità sul piano esistenziale” (si pensi all’ipotesi di morte di uno dei coniugi durante il periodo di affidamento preadottivo), nonché le ipotesi di adozione in casi particolari di cui all’art. 44 della medesima legge, laddove tale idoneità della persona singola viene riconosciuta “persino rispetto a minori che, di norma, richiedono un impegno particolarmente elevato” (si pensi ai minori affetti da disabilità orfani di padre e madre).
La possibilità di incidere sull’effettività della tutela dei bambini abbandonati è un rischio riconducibile anche alla restrizione della platea dei potenziali adottanti. La Corte sottolinea a questo riguardo la progressiva riduzione che si è avuta a partire dall’inizio del nuovo millennio delle domande di adozione internazionale, passate da quasi settemila nel 2007 ad appena cinquecento nel 2024.
A giudizio della Corte Costituzionale, la disciplina prevista dalla nostra legge sull’adozione si pone in contrasto con gli articoli 2 e 117 comma 1 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
A venire in rilievo sono due tipi di interessi: quello delle persone singole che aspirano a poter adottare e quello del minore, che rappresenta il fulcro dell’istituto dell’adozione.
La scelta di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della generale libertà di autodeterminazione, riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost.. Non potendosi parlare di una pretesa o di un “diritto alla genitorialità”, che sono stati espressamente negati tanto dalla Corte Costituzionale quanto dalla Corte di Strasburgo, i presupposti costitutivi di un vincolo genitoriale devono anche essere orientati alla realizzazione dell’interesse del potenziale figlio, cui è inscindibilmente correlato il vincolo genitoriale.
Dunque, afferma la Corte, l’autodeterminazione orientata alla genitorialità in tanto può far valere la propria vis espansiva in quanto si opponga a scelte legislative che, avendo riguardo al complesso degli interessi implicati, risultano irragionevoli e non proporzionate rispetto all’obiettivo perseguito.
La disciplina censurata si riverbera sul diritto alla vita privata, inteso come libertà di autodeterminazione, che nel caso in esame si declina quale interesse a poter realizzare la propria aspirazione alla genitorialità, rendendosi disponibile all’adozione di un minore straniero.
Questo specifico interesse si coniuga anche con una finalità di solidarietà sociale, in quanto rivolge le aspirazioni alla genitorialità a bambini o ragazzi che già esistono e necessitano di protezione. Se scopo dell’adozione internazionale è quello di accogliere in Italia minori stranieri abbandonati, residenti all’estero, assicurando loro un ambiente stabile e armonioso, l’insuperabile divieto per le persone singole di accedere a tale adozione non risponde ad un’esigenza sociale pressante e configura – nell’attuale contesto giudico-sociale – una interferenza non necessaria in una società democratica.
Il miglior interesse del minore è del resto direttamente preservato dalla verifica giudiziale concernente la concreta idoneità dell’adottante (cui sono applicabili le restanti previsioni di cui all’art. 6 della legge n. 184 del 1983), al fine di perseguire la soluzione ottimale in concreto per l’interesse del minore, non dimenticando l’importanza del sostegno che può essere offerto anche dalla rete familiare di riferimento, di cui il Giudice può tenere conto in sede di vaglio dell’idoneità in concreto del richiedente ad adottare.
Se, dunque, deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d’altro canto, l’esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all’adottato la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori, non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato: si tratta di un’istanza che può giustificare “una indicazione di preferenza per l’adozione da parte di una coppia di coniugi”, ma che non supporta la scelta di convertire tale modello di famiglia in una aprioristica esclusione delle persone singole dalla platea degli adottanti.
Tenuto conto del complesso degli interessi coinvolti e dello scopo dell’istituto dell’adozione internazionale, a parere della Corte Costituzionale, la scelta operata dal legislatore con l’art. 29 bis comma 1 della legge n. 184 del 1983 risulta non necessaria in una società democratica, in quanto non conforme al principio di proporzionalità, e determina una lesione della vita privata e dell’autodeterminazione orientata a una genitorialità ispirata al principio di solidarietà.
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